Abbiamo incontrato Giuseppe Maria Amendola, presidente del Consorzio Tiberina tra i maggiori esperti italiani dei temi che riguardano il rapporto tra pubblico e privato, e che si occupa, sotto vari aspetti del fiume Tevere da oltre 10 anni. Oggi, insieme ad ArcoTecnica, (società recentemente acquisita al 70% dal Gruppo IPI) è impegnato nel progetto Food Factory, un’iniziativa nata proprio dalle eccellenze agroalimentari della regione Tiberina, che si va prefigurando come un innovativo polo di valorizzazione – soprattutto verso il mercato estero – delle identità di tutto il Distretto dell’Appennino Centrale rivolto verso il Tirreno. Ed ancora in funzione della sua attività a 360 gradi sul Tevere a Roma, svolge un ruolo fondamentale nello stimolare l’azione di istituzioni e privati (imprese, associazioni, fondazioni e quant’altri) ad un’azione sinergica, anche eventualmente attraverso lo strumento del Contratto di Fiume. Su questo secondo aspetto, ci ha anticipato il lancio di un programma di valorizzazione e investimenti su Tevere, recupero urbano e smart city, proiettato ai 150 anni dell’effettiva Unità d’Italia dopo la presa di Roma e della proclamazione di questa a Capitale, che cadranno proprio al culmine del mandato dell’attuale Amministrazione Capitolina, fra fine 2020 e inizio 2021. Il Tevere, attorno al quale è nata Roma, diviene in questo senso simbolo e luogo concreto di rinascita, senza necessità di nuovi strumenti urbanistici, visto anche l’Ambito Strategico Tevere previsto nell’attuale Piano Regolatore Generale.
Professore, partiamo da un tema generale: il settore Real Estate come può interagire col Tevere a Roma?
Per inquadrare correttamente il tema dobbiamo rifarci ad alcuni concetti presenti nel Piano Regolatore Generale di Roma adottato nel 2008, e prima ancora forse è il caso di domandarsi “Che ne è stato”. Ebbene, testualmente, una premessa essenziale alla valorizzazione delle risorse culturali e ambientali presenti lungo il Tevere è certamente il completo recupero sia ecologico che igienico-sanitario del suo corso. Senza di esso, ogni ipotesi di creazione di parchi fluviali e di rivitalizzazione delle banchine può rivelarsi illusoria. Il disinquinamento del Tevere è solo uno degli aspetti della fragilità del fiume come ecosistema, che presenta vaste aree con pronunciati squilibri bio-idrologici. L’inversione di tendenza a cui sembra di assistere oggi deve costituire uno stimolo a investire nuovamente risorse sul fiume, evitando ogni settorialità di approccio, per ricomporre in un quadro unico di riferimento sia gli aspetti che riguardano il Tevere nella sua unità di grande ecosistema, sia quelli che riguardano il suo coinvolgimento in questioni di valenza più propriamente urbana. E’ proprio l’interazione fra aspetti ambientali e aspetti urbanistici il tema-chiave, a mio avviso, infatti quando si parla di investire nuovamente risorse sul fiume, il recupero di vaste aree di grande interesse può essere un forte volano per operazioni a 360 gradi, dai grandi risvolti sociali e ambientali di pubblica utilità.
A quali aree pensa?
Se si vanno a leggere non solo il Piano Regolatore Generale, ma anche tutti gli studi preparatori, si scopre un elenco lunghissimo di aree suscettibili di decisivi interventi di riqualificazione dal Flaminio al Salario alla Città Storica, da Ostiense–Marconi a Magliana–EUR, di grande interesse per destinazioni miste pubblico-private. Se ne sono anche occupati negli anni molti insigni professori di Architettura e Urbanistica delle Università facenti parte del Consorzio Tiberina, come in particolare Orazio Carpenzano, Ruggero Lenci e Antonino Saggio, con i quali stiamo mettendo a punto molte idee.
E cosa spaventa gli investitori?
Essenzialmente, dalla mia esperienza, l’incertezza sull’iter amministrativo. Al di là delle personali opinioni, la vicenda del nuovo stadio della Roma Calcio è in questo senso paradigmatica. Anche i progetti hanno un costo, e certamente è un bell’azzardo ora come ora muoversi in un ambito, quello dell’intorno del Tevere, lì dove i vincoli sono eccezionalmente più complessi che nel resto della Città.
Il Contratto di Fiume può essere d’aiuto?
Certamente sì. Non è la panacea, è un mezzo e non un fine, richiede contraenti che – una volta assunti impegni – li mantengano fino in fondo. Nel caso del “Contratto di Fiume del Tevere nell’area urbana di Roma” siamo già alla fase che, nella recente Delibera n.154/2017 della Giunta Regionale del Lazio, merita la qualifica “in esecuzione”. Abbiamo considerato tutti i territori derivanti dall’intersezione territoriale del Piano Stralcio 5 redatto dall’Autorità di Bacino e dei confini di Roma Capitale: avremmo potuto considerare anche le parti di Roma contenute nel Piano Stralcio 1 e parti del Comune di Fiumicino alla Foce, ma l’obiettivo era proprio giungere a un “Programma d’Azione” (fra i documenti finali da elaborare) che avesse soprattutto una logica ambientale e urbanistica abbastanza stringente. Del resto, se si vanno a guardare altre proposte di Contratti di Fiume, come per esempio quello della Media Valle del Tevere, si trovano anche patchwork di territori a livello di Comuni aderenti. Per ciò che riguarda le interazioni ecologiche monte-valle, il territorio individuato è di certo significativo, avendo anche previsto una rete di “controllo civico” delle acque realizzata da Università consorziata, con valutazione critica dei dati raccolti fuori Roma, nel bacino idrografico e a mare. A fianco del Contratto di Fiume pensiamo anche a una Conferenza di servizi permanente sul Tevere a Roma e a un connesso Sportello Unico Fluviale. Ma non vogliamo sovrapporci a compiti di coordinamento delle Istituzioni, bensì soltanto fornire delle proposte e attuare interventi sinergici.
Nell’attività del Consorzio Tiberina spesso si mescolano i temi relativi a tradizione e innovazione e abbiamo parlato di smart city e dei 150 anni di Roma Capitale, come si conciliano queste prospettive?
Si potrebbe dire che è una rivendicazione dei cittadini, e non solo, direi anche della Città verso il Governo nazionale. E’ necessario fare il massimo perché Roma presenti un nuovo più moderno volto al giro di boa dei 150 anni da quando fu proclamata a inizio 1871 a Capitale d’Italia, pochi mesi dopo l’annessione dello Stato Pontificio e veramente pochi giorni dopo la disastrosa piena del dicembre 1870 che portò nei decenni successivi alla costruzione dei Muraglioni del Centro Storico. Penso a delle celebrazioni non retoriche e agiografiche, pompose e faraoniche: ma ripartendo dal Tevere, da quei luoghi attorno a cui Roma è nata, con interventi mirati che lo rendano vitale e vivibile dando un grande segno di rinascita e rigenerazione.
E il Consorzio Tiberina?
Può proporre, progettare, stimolare, facilitare, raccogliere spunti “dal basso” (per esempio con le nostre “Call for Ideas”), divenire un soggetto innovatore del territorio, aiutare a redigere programmi concreti e realizzabili, attrarre investitori disponibili a condividere un’ottica improntata alla sostenibilità e all’interesse generale, lì dove in questo caso pubblico e privato sono conciliabili con un pò di buona volontà e molta competenza, evitando di girare a vuoto.