Si è svolto un incontro tra il vertice di Assoimmobiliare e di Inrev, European association for investors in non-listed Real Estate Vehicles, per fare un focus sul mercato globale internazionale e per aumentare l’attrattività del real estate italiano e il suo peso sullo scenario.
Durante l’incontro il direttore di Assoimmobiliare Paolo Crisafi ha precisato che “sulla base delle interlocuzioni attive con vari organismi di caratura mondiale, con Inrev ci sono dei rapporti stabili attraverso alcuni esponenti associativi di grande esperienza che analizzano dati e buone pratiche internazionali all’interno di tavoli di lavoro; tra questi in particolare: Ivano Ilardo sul tema “banche”, Marco Plazzotta sul versante “assicurazioni” e Roberto Fraticelli per il settore “investimenti in centri commerciali”.
Ieri inoltre in Assoimmobiliare sono state commentate le analisi uscite dal Forum Economico di San Pietroburgo andando a fare una comparazione con i veicoli finanziari immobiliari attivi in Italia e all’interno dello scenario internazionale.
Ivano Ilardo, amministratore delegato di Bnp Paribas Reim Sgr, ha fatto presente che “dalla crisi del 2012, gli investitori sono tornati in forze a puntare sul mattone italiano determinando un ritorno del volume delle transazioni ai livelli del 2011. Basti pensare che il totale degli investimenti in immobili non residenziali è cresciuto del 370% negli ultimi 3 anni passando dal miliardo e 800 milioni di euro del 2012 agli 8,2 miliardi registrati alla fine del 2015. A rilanciare il real estate italiano hanno contribuito principalmente gli investitori internazionali, in particolare americani e asiatici, che hanno realizzato oltre il 70% del totale delle transazioni. E questo, rispetto al 36% di appena dieci anni fa.”
Lo sbarco dei capitali stranieri sul nostro mercato” ha proseguito Ilardo ” non rappresenta, tuttavia, un’esclusiva della Penisola ma ha riguardato tutti i principali Paesi del Vecchio continente. E’ sufficiente guardare a quanto successo in Spagna per rendersene conto. Lo scorso anno, il volume delle transazioni immobiliari nel mercato iberico ha infatti registrato un incremento del 67% rispetto al 2014, sostenuto principalmente dal livello basso dei prezzi accompagnato da aspettative di miglioramento dei canoni e dell’occupazione degli uffici. E questo, nonostante le condizioni economiche e politiche del Paese non siano raffrontabili alla dimensione e al peso dell’economia italiana all’interno del panorama europeo”.
Crisafi ha, quindi fornito una analisi degli investimenti in Italia facendo presente: “che il mercato deve essere alimentato da investitori locali di lungo periodo oltre che da operatori opportunistici. Risultato, questo, che potrebbe essere raggiunto attraverso un maggiore sviluppo dell’immobiliare quotato. Il raffronto internazionale, anche in questo caso, mette in luce una condizione di debolezza della piazza finanziaria italiana. Se è vero, infatti, che la capitalizzazione totale delle società immobiliari quotate a Piazza Affari non supera i 3 miliardi di euro (oltre a 2 miliardi di fondi immobiliari), basti pensare a quanto avviene nel resto d’Europa: la principale società del real estate quotata in Francia, Unibail-Rodamco, supera da sola i 22 miliardi di euro, mentre a Londra, Land Securities, vale sul mercato 10,6 miliardi di euro, uno in più della tedesca Deutsche Wohnen (9,6 miliardi) contro i 2,2 miliardi della spagnola Metrovacesa”.
“Per allinearsi con i mercati del resto d’Europa, ha poi concluso Crisafi, l’Italia dovrebbe impegnarsi anche a creare nuovi prodotti di investimento che siano in linea con le aspettative degli investitori e di conseguenza più appetibili per il mercato locale e internazionale. L’aumento del numero e della qualità dei prodotti di investimento immobiliare consentirebbe, infatti, di aumentare l’offerta disponibile sul mercato permettendo una maggiore capacità di soddisfare le molteplici aspettative dei potenziali investitori. Il tallone d’Achille del nostro real estate non è costituito solamente dall’offerta ma anche dalla scarsa percezione di trasparenza registrata dagli investitori internazionali. Per far fronte a questa mancanza, dunque, il Paese dovrebbe puntare su una maggiore qualità dei dati disponibili e sulla loro standardizzazione secondo parametri internazionali, ampliando l’osservazione verso altri settori (come logistica, Rsa, social housing e studentati), oltre a diffondere sistematicamente nei contesti internazionali gli studi relativi al mercato italiano”.
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