Domande e quesiti in materia Condominiale

aDomandaRisponde la rubrica di approfondimento sui temi del Condominio. Le domande più richieste i temi di attualità con periodici aggiornamenti. Per proporre un quesito è possibile inviare una mail all’ indirizzo reonline@a-realestate.it con oggetto: Condominio domande e risposte.

Polizza del fabbricato

D. La polizza globale del fabbricato è facoltativa o obbligatoria? Può occuparsene in autonomia l’amministratore o necessità di un’approvazione da parte dell’assemblea di condominio?

R. La polizza globale dei fabbricati tutela il condòmino da eventuali danni. Copre un ampio ventaglio di sinistri: da quelli che interessano direttamente lo stabile e chi ci abita (incendi, fulmini, allagamenti, esplosioni, ecc), a quelli che riguardano terze persone, come per esempio il passante colpito da un pezzo di cornicione staccatosi dall’edificio. Il costo dell’assicurazione è suddiviso fra tutti i condòmini proprietari, che pagano in proporzione ai millesimi di proprietà in loro possesso.

Questo tipo di assicurazione ha carattere facoltativo, in quanto non è contemplata da nessuna norma, a meno che non sia prevista dal regolamento condominiale: solamente in questo caso l’amministratore è libero di sottoscrivere la polizza autonomamente, senza il placet dell’assemblea. Deve comunque informarla sui termini contrattuali, come durata, coperture, costi e franchigie.
Nel caso, invece, in cui la polizza non sia contemplata dal regolamento, a decidere è sempre l’assemblea, che delibera con il quorum previsto dall’articolo 1136, comma 2, del Codice civile, e cioè con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio. Lo stesso discorso vale in caso di rinnovo o disdetta dell’accordo.
Nel caso in cui l’amministratore decida di sottoscrivere, rinnovare o risolvere in modo arbitrario la polizza, il condominio può chiedere il risarcimento danni e la revoca giudiziale del professionista che (secondo l’articolo 1129, comma 11), può essere deliberata in qualsiasi momento dall’assemblea, con la stessa maggioranza prevista per la nomina.
In diversi momenti la Corte di Cassazione ha specificato come il professionista «(…) non è legittimato a concludere il contratto di assicurazione del fabbricato se non abbia ricevuto l’autorizzazione da una deliberazione dell’assemblea dei partecipanti alla comunione». La polizza globale dei fabbricati, infatti, non rientra ne “gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio” che l’amministrato è obbligato a compiere secondo la norma dell’articolo 1130, numero 4 del Codice Civile.
La Suprema Corte ha infatti evidenziato che la suddetta norma si riferisce «(…) ai soli atti materiali (riparazioni di muri portanti, di tetti e lastrici) e giudiziali (azioni contro comportamenti illeciti posti in essere da terzi) necessari per la salvaguardia dell’integrità dell’immobile, tra i quali non può farsi rientrare il contratto di assicurazione, perché questo non ha gli scopi conservativi ai quali si riferisce la suddetta norma avendo, viceversa, come suo unico e diverso fine, quello di evitare pregiudizi economici ai proprietari dell’edificio danneggiato».

Manutenzione delle scale di un condominio

D. I proprietari di locali forniti di un ingresso diverso rispetto a quello principale del condominio sono esonerati dal contribuire alle spese di manutenzione delle scale dell’edificio?

R. Per i lavori di manutenzione delle scale di un condominio gli articoli 1123 e 1124 del Codice civile parlano chiaro: la ripartizione deve avvenire per metà in base ai millesimi di proprietà e per l’altra metà in rapporto all’altezza del piano.

Nel caso, quindi, l’assemblea di condominio deliberi la ristrutturazione della scala, i condòmini proprietari dovranno attenersi al Codice. Tuttavia, essendo la norma dell’articolo 1124 dispositiva e derogabile, bisogna tenere conto di un eventuale regolamento contrattuale o di una scelta diversa espressa dall’unanimità dei condòmini.

Anche i proprietari dei locali forniti di un accesso diverso dall’androne principale (come per esempio i negozi) sono tenuti a contribuire alle spese di manutenzione delle scale. Secondo la Suprema Corte (Cassazione 5 febbraio 1979, n.761) le scale «costituiscono elementi necessari per la configurabilità stessa di un fabbricato come diviso in proprietà individuali, per piani o porzioni di piano, e rappresentano, inoltre, tramite indispensabile per il godimento e la conservazione, da parte od a vantaggio di detti soggetti, delle strutture di copertura, a tetto od a terrazza»
Un concetto ribadito dai giudici di legittimità, secondo cui «le scale, essendo elementi strutturali necessari alla edificazione di uno stabile condominiale e mezzo indispensabile per accedere al tetto e al terrazzo di copertura, conservano la qualità di parti comuni, così come indicato nell’art. 1117 cod. civ., anche relativamente ai condòmini proprietari di negozi con accesso dalla strada, in assenza di titolo contrario, poiché anche tali condòmini ne fruiscono quanto meno in ordine alla conservazione e manutenzione della copertura dell’edificio» (Cassazione 10 luglio 2007, n. 15444).
Negli anni ci sono state anche pronunce di parere opposto da parte di giudici di merito. Con la sentenza del 10 maggio 2011, n 559, il Tribunale di Parma avevo sostenuto che «non è tenuto a contribuire alle spese per i lavori di rifacimento dell’ascensore (equiparato alle scale dall’articolo 1124, ndr) il condomino proprietario di unità immobiliari adibite a negozi, con accesso diretto e indipendente esclusivamente dall’esterno, prive di cantina e con nessuna possibilità di utilizzare l’androne e le scale comuni». E’ importante mettere in evidenza, tuttavia, che nel caso specifico il regolamento contrattuale del condominio prevedeva per i locali in questione l’esenzione dalle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria dell’impianto ascensore.

Immobile consegnato in ritardo

D. Cosa succede quando un costruttore, per motivi che non dipendono dalla sua volontà, consegna in ritardo un immobile, rispetto alle tempistiche pattuite nel contratto? Deve comunque pagare un risarcimento al cliente?
R. Secondo la sentenza 3210/2017 emessa dal Tribunale di Milano, il costruttore non è tenuto a pagare nessun risarcimento del danno all’acquirente per colpe non dipendenti dalla propria negligenza.
Nel caso specifico preso in esame dal Tribunale milanese, infatti, la società di costruzione ha dovuto interrompere i lavori a seguito di un’illegittima sospensione del permesso di costruire da parte del Comune. Il relativo procedimento era sfociato nell’annullamento del permesso di costruire con conseguente ordine di sospensione e demolizione delle opere già realizzate, perché ritenute abusive. Il costruttore ha però impugnato l’ordinanza comunale prima dinanzi al Tar e successivamente dinanzi al Consiglio di Stato, che ha definitivamente annullato l’ingiusto provvedimento comunale.
In conformità a quanto previsto dall’articolo1218 del Codice civile, il Tribunale di Milano ha precisato che al debitore è data la possibilità di liberarsi dall’obbligo di risarcimento del danno nell’ipotesi in cui l’inadempimento sia imputabile a cause esterne, in questo caso al provvedimento comunale. A questo deve aggiungersi l’illegittima “sproporzione della misura sanzionatoria in relazione all’abuso contestato”. Il Tribunale ha pertanto stabilito che l’abuso contestato era in gran parte da attribuirsi alla “situazione di incertezza della normativa urbanistica del comune”, liberando la ditta costruttrice dall’onere del risarcimento a favore del terzo danneggiato.

Giardino di proprietà esclusiva

D. Quando in un condominio si devono realizzare le tabelle millesimali per la divisione delle spese, nel computo bisogna tenere conto anche dei giardini di proprietà esclusiva?
R. Fino al 1° luglio 2004, data della sentenza della Corte di cassazione n. 12018, il giardino di proprietà esclusiva non era preso in considerazione nel calcolo della tabella millesimale. Valeva infatti il principio espresso dalla Suprema corte con la sentenza del 18 settembre 1948, n. 1615, secondo cui «… nella determinazione del valore della proprietà di ciascun condomino di un edificio non va affatto tenuto conto del giardino di uso esclusivo in quanto esso costituisce una entità naturale ben diversa e distinta dal fabbricato a cui è adiacente, che invece è una entità artificiale».
Con la sentenza del 2004 invece le cose cambiano. La sentenza specifica infatti che «…occorre considerare eventuali pertinenze delle proprietà esclusive, concorrendo tali beni alla determinazione del valore patrimoniale del piano o delle porzioni di piano cui accedono… nello stesso ambito si collocano i giardini, non essendovi alcun dubbio che questi ultimi hanno rilevanza in riferimento ad un miglior godimento dei singoli appartamenti al cui servizio od ornamento sono destinati».
Il medesimo concetto è stato poi ribadito dalla Cassazione con la sentenza 27 luglio 2007, n. 16644, secondo cui, «… ai fini della redazione delle tabelle millesimali, per determinare il valore di ogni piano o porzione di piano occorre prendere in considerazione sia gli elementi intrinseci dei singoli immobili oggetto di proprietà esclusiva (quali estensione, ampiezza, numero dei vani) che gli elementi estrinseci (quali l’ubicazione, l’esposizione, l’altezza), nonché le eventuali pertinenze delle proprietà esclusive, tra le quali possono essere considerati i giardini di proprietà esclusiva di singoli condòmini, in quanto consentono un migliore godimento dei singoli appartamenti … determinando un accrescimento del valore patrimoniale dell’immobile».
Il giardino privato, insomma, deve essere tenuto in conto per il calcolo delle tabelle, sempre che incida sull’effettivo godimento dell’appartamento singolo: in questo caso il proprietario del giardino pertinenziale all’appartamento vedrà maggiorata la propria percentuale di millesimi.

Le dimissioni dell’amministratore condominiale

D. Nel caso l’amministratore di un condominio decidesse di rassegnare le dimissioni, quali sono le attività che deve continuare a garantire in attesa di un successore?

R. Fino a che non sia sostituito dal nuovo, l’amministratore opera in regime di prorogatio, alla stregua dell’art. 1129, quinto comma, c.c. per il quale, alla cessazione dell’incarico, l’amministratore è tenuto “ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni, senza diritto ad ulteriori compensi”.
In tale contesto, l’amministratore dimissionario è tenuto all’espletamento dell’ordinaria amministrazione, alla regolarizzazione delle gestioni passate e a curare l’approvazione assembleare dei rendiconti sino al passaggio delle consegne, senza che sia necessaria la sua presenza fisica all’assemblea.

Il decoro architettonico nelle sopraelevazioni condominiali

D. In caso di sopraelevazione in un condominio, come ci si può opporre per difendere il decoro architettonico dell’edificio?

R. Mentre l’art. 1120 c.c., dettato in materia di innovazioni, ha ad oggetto la tutela del decoro architettonico dell’edificio condominiale, l’art. 1127 c.c., dettato in materia di sopraelevazione, ha ad oggetto la tutela dell’ “aspetto architettonico dell’edificio” e dunque tutta l’estetica della facciata. Secondo Cass. 06.12.2000, n. 15504, i condomini possono opporsi, ai sensi dell’art. 1127, comma 3, c.c., alla sopraelevazione del proprietario esclusivo del lastrico solare o dell’ultimo piano di un edificio condominiale, se il nuovo piano o la nuova fabbrica non soltanto ne alteri il decoro architettonico, come previsto per il divieto di innovazioni della cosa comune dall’art. 1120, comma 2, c.c., ma ne determini un pregiudizio economico, e cioè ne derivi una diminuzione del valore dell’immobile.
Va da sé che l’utilità che si accompagna alla modifica, mediante sopraelevazione, dell’aspetto architettonico dell’edificio, deve essere riferita a tutti i condomini, titolari del diritto al mantenimento dell’estetica del fabbricato.