Se è vero che in questi anni sono stati spesi fiumi di parole e di risorse finanziarie sul MOSE e che ancora lo scorso novembre Venezia è finita sotto l’acqua alta oggi finalmente possiamo dire di essere in dirittura d’arrivo.
“A partire dalla fine di giugno le barriere saranno tutte utilizzabili in coordinamento fra loro”, ha affermato la Commissaria straordinaria per il Mose, Elisabetta Spitz, in audizione alla Camera presso la Commissione ambiente. “Su questo è stato fatto un grande sforzo organizzativo. La control room, che è la sede dove vengono governate e gestite le barriere a giugno non sarà pronta. Per poter comunque in emergenza utilizzare e far movimentare le barriere si è trovato un sistema suppletivo, temporaneo, che prevede il funzionamento di ogni singola barriera. Quindi avremo quattro squadre operative che faranno funzionare le barriere in caso di emergenza. Queste quattro squadre sono coordinate da un sistema che verrà allestito nei prossimi due mesi, una sorta di ponte radio che renderà concomitanti le attività delle quattro squadre”, ha spiegato Spitz, specificando come “per consentire l’attivazione delle quattro barriere è stato necessario fare una verifica della disponibilità di risorse già addestrate. Queste risorse oggi, a febbraio, non sono ancora del tutto disponibili. È stato avviato un piano di formazione di altro personale. Il completamento della formazione si concluderà nel mese di maggio. Questo il motivo per cui si è ritenuto di attivare le barriere non prima di giugno”. La commissaria ha poi annunciato che “nei prossimi mesi sarà avviato anche uno studio sul piano di manutenzione, ritenendo importante capire se la manutenzione di un’opera mobile in acqua debba avvenire con delle frequenze, dei tempi, delle modalità che forse sono diverse dalle manutenzioni di altre opere”. La commissaria ha poi confermato che l’opera è “come dicono i numeri, al 93%”.
Resta Piazza San Marco il punto più debole di Venezia di fronte alle acque alte eccezionali. Anche quando sarà in funzione il Mose – che in situazioni di emergenza potrebbe alzarsi già dal prossimo giugno – la piazza più bella del mondo (nel punto più basso della città) continuerà ad andare sott’acqua quando la marea supera gli 80 centimetri, soglia della pavimentazione rispetto al medio mare. Ecco così che dopo il progetto per mettere al sicuro il nartece – l’atrio della Basilica – arriva un nuovo piano per far restare all’asciutto tutta la piazza, secondo la logica di protezione dell’insula, cioè una zona delimitata dal confine acquatico dei rii. Serviranno almeno due anni, quando la Sovrintendenza e gli altri enti preposti daranno l’ok, ma il progetto commissionato dal Consorzio Venezia Nuova ed elaborato dalla Ati Kostruttiva, Thetis e Mate Engineering, promette di mettere al riparo dalla marea tutta l’area che oggi viene allagata quando la laguna ‘spinge’ sul molo marciano. Il progetto, del costo 30 mln di euro, prevede di innalzare tutto il bordo del sormonto delle onde sul molo di S.Marco, un nuovo impianto di sollevamento per le acque piovane, con 7 pompe capaci di scaricare 700 litri al secondo, e la realizzazione di mini paratie alte 40 cm, in acciaio e legno, rimovibili, lungo la riva più esposta di San Marco. Il progetto, ha spiegato Lino Pollastri, che si è occupato degli aspetti idraulici, è strettamente connesso sia con il sistema Mose, che con quello a protezione del nartece della Basilica. Garantirà una protezione della piazza fino a 110 cm sul medio mare. Primo obiettivo è quello di impedire alla marea di risalire attraverso il sistema di scolo delle acque. Le analisi eseguite hanno evidenziato come siano solo quattro i punti di entrata dell’acqua nell’insula; qui andranno installate delle valvole di non ritorno: ciò consentirà alle acque di passare in uscita senza risalire in entrata. Gli interventi decisi rientrano in 5 tipologie: protezione del bordo dal sormonto, chiusura controllata delle connessioni, risanamento dei cunicoli, chiusura definitiva delle interconnessioni non più funzionali e riordino dei sottoservizi e di separazione della rete nera.
Ma anche se il Mose è ormai al 93% di realizzazione, come ha spiegato la Provveditrice per le opere pubbliche per il Veneto Cinzia Zincone e in questo periodo abbiamo un’accelerazione che ci porterà a poter alzare, in caso di emergenza, a partire da giugno tutte le paratoie il dibattito è sempre acceso e nei giorni scorsi esperti e istituzioni si sono confrontati sull’emergenza acque alte e soluzione MoSE per Venezia nello scenario dei cambiamenti climatici.
Ha riscosso infatti notevole successo l’evento organizzato a Venezia dal Consiglio Nazionale Ingegneri, l’Ordine Ingegneri Venezia, il Collegio Ingegneri Venezia e la Federazione Ordine Ingegneri Veneto che lo scorso 8 febbraio ha visto una grande partecipazione di pubblico e addetti ai lavori.
Obiettivo numero uno difendere Venezia dai cambiamenti climatici
La capacità progettuale dell’ingegneria italiana e quella realizzativa dell’imprenditoria italiana impegnata per il MoSE, non seconde a nessuno e riconosciute in tutti gli ambienti scientifici competenti, offre ampie garanzie verso il raggiungimento del difficile obiettivo. Il traguardo comune da raggiungere è che funzioni il sistema di chiusura temporanea delle bocche di porto e garantisca la sopravvivenza di Venezia sempre più minacciata dalla evoluzione dei cambiamenti climatici che interessano il nostro pianeta. Questo lo scenario che ha fatto da sfondo al convegno nazionale dello scorso 8 febbraio in Ateneo Veneto – coordinato da Paolo Possamai, Direttore La Nuova Venezia – trasmesso in diretta streaming in diverse sedi italiane degli Ordini Ingegneri. Ai 250 tecnici presenti nell’Aula Magna, sono stati registrati circa 500 professionisti accreditati in streaming per un totale di oltre 750 ingegneri. Altre 80 persone del pubblico hanno seguito i lavori dal multi schermo allestito al piano superiore dell’Ateneo.
Vincoli e complessità progettuali del MoSE
Durante i lavori è emerso che la scelta politica a monte, cioè a livello della sensibilità paesaggista ambientalista, ha fatto maturare un vincolo determinante, cioè l’obbligo di progettare un’opera sommersa. Ad oggi non esiste nessun’altra esperienza analoga e il vincolo progettuale ha impedito paragoni con le barriere del Reno, della Mosa e della Schelda in Olanda, quelle di Rotterdam, di San Pietroburgo e di Londra. Quali sono state le ragioni della scelta politica di allora? Minimizzare l’impatto visivo sul delicato ambiente lagunare. Da qui l’ideazione del sistema a paratoie sommerse, e quindi non visibili, da innalzare in caso di necessità Questa originale progettazione non ha eguali nel mondo e costituisce un’opera di natura quasi prototipale. La sua realizzazione ha comportato innovative messe a punto progettuali durante il corso della realizzazione a seguito delle problematiche che via via sono emerse durante la fase esecutiva prima e quella gestionale poi.
“Completare il MoSE ultimato al 93%”
“Il MoSE è un’opera molto complessa, unica al mondo: nessuno ha mai fatto delle chiusure di braccia di mare o lagune con installazioni sommerse come si è fatto qui a Venezia. Siamo in una città unica al mondo che richiede soluzioni tecniche assolutamente uniche – ha dichiarato Mariano Carraro, Presidente dell’Ordine Ingegneri di Venezia –. È un’opera che costa oltre 5 miliardi e mezzo e che costerà ulteriormente per la sua manutenzione, ma è straordinaria rispetto a qualunque altra opera di tipo analogo che è stata fatta nel mondo. I problemi ci sono e il convegno di oggi ne ha messo in rilievo alcuni. L’opera è ultimata al 93% e sarebbe un errore non completarla. Confidiamo nel fatto che chi l’ha progettata abbia tenuto conto di tutti gli aspetti posti in rilievo oggi e cerchiamo di difendere questa città meravigliosa”.
“Confronto autorevole mai visto prima”
“Ci si è presentata un’occasione unica, dopo un silenzio assordante durato anni. A livello tecnico non c’è mai stata una comunicazione come quella di oggi. Siamo riusciti a portare a questo convegno eccellenze in tutti i sensi. Abbiamo avuto un confronto necessario, mai visto prima, grazie a conoscenze, persone autorevoli e personalità dotate di effettivo potere decisionale – ha affermato il Presidente del Collegio Ingegneri Venezia, Maurizio Pozzato –. Noi ingegneri siamo le persone dedicate alla soluzione dei problemi, in questo senso penso che la giornata di oggi sia molto importante per arrivare a qualcosa di concreto”.
“Ci sono competenze tecniche per far fronte ai problemi”
“Si auspica che il MoSE sia completato, senza entrare nei particolari e nei tecnicismi, valutando esclusivamente l’aspetto di convenienza. Se ci saranno dei problemi le professionalità e le competenze tecniche ci sono e si saprà far fronte a ogni possibile criticità trovando un’opportuna soluzione – ha dichiarato Pasqualino Boschetto Presidente della Federazione Ordini Ingegneri del Veneto –. Riteniamo comunque irrinunciabile il completamento dell’opera, per poter mettere in funzione il MoSE, monitorandolo in modo da riuscire a capire sui fatti e non sulle previsioni”.
I costi del MoSE, le opere complementari e la liquidazione lavori
Finora sono stati spesi 4,27 miliardi, pari al 93% del costo finale di 4,57 miliardi di euro. Questo è il valore del MoSE propriamente detto, cioè le dighe mobili contro l’acqua alta di Venezia. Se si aggiungono altri interventi correlati e meno «infrastrutturali» la spesa finora è stata 5,03 miliardi, pari al 92% di quella complessiva prevista di 5,49 miliardi. Il raggiungimento del 93% della spesa per la sua realizzazione, rispetto ad un costo complessivo stimato di di 4,57 miliardi di euro, da una parte, e l’urgenza generata dal drammatico incremento delle acque alte eccezionali, dall’altra, non consentono oggi di ipotizzare teoriche e indimostrate soluzioni alternative, ma bensì impongono di ultimare il più rapidamente possibile l’opera, di collaudarla e di porla in esercizio. Non è più il tempo dei dibattiti e delle discussioni che, pur legittimi, risultano oggi sterili ed inutili: il punto di non ritorno è stato ampiamente superato! E’ tempo di fare bene e di concludere con urgenza! Appare importante che sia garantita un’adeguata erogazione dei fondi necessari già stanziati (e di quelli che eventualmente si renderanno necessari) che si accompagni ad una sollecita liquidazione ed al tempestivo pagamento delle somme dovute per le opere eseguite.
Ora non sono ammissibili ritardi, occorre la cabina di regia
L’ultimazione dell’opera, secondo la Comunità degli ingegneri riunita all’Ateneo Veneto, non ammette più ritardi, ripensamenti e incertezze decisionali continuando nelle scia delle polemiche. Si rende necessario invece individuare un soggetto gestore del sistema e che venga definita e posta in essere quanto prima una cabina di regia che coinvolga tutti gli Enti interessati e che definisca la metodologia e le regole atte a consentire la chiusura temporanea delle bocche di porto, assicurando tempestività decisionale ed operatività. Vanno definitivamente messe a punto le metodologie e le procedure manutentive e quelle organizzative al fine di poter correttamente individuare sia le caratteristiche del soggetto che fungerà da gestore del sistema che l’attendibile ammontare della spesa annuale da finanziare per la gestione ordinaria.
Si alle critiche costruttive, ma accantoniamo le polemiche
Ciò di cui oggi la nostra categoria sente il bisogno – hanno fatto presente molti ingegneri durante l’evento – è di accantonare le polemiche, di fare in modo che la negatività generata dalle scandalose vicende corruttive che la Magistratura è riuscita a far emergere e giudicare, sia tenuta nettamente separata dalle valutazioni, anche costruttivamente critiche su alcuni aspetti della progettazione, che devono essere finalizzate a contribuire positivamente alla realizzazione dell’opera la cui ultimazione non ammette più ritardi, ripensamenti ed incertezze decisionali. E’ necessario che tutte le energie e le attenzioni dei tecnici e degli amministratori, ma anche di un’opinione pubblica più correttamente informata e coinvolta, siano rivolte a favorire il superamento di eventuali criticità ed a consentire la migliore conclusione dei lavori, che garantisca il corretto funzionamento del sistema ed una efficace metodologia manutentiva delle opere.
(MDG)