Arriva la tecnologia “5G ready” di EOLO per portare l’Italia fuori dalla palude dei paesi “a bassa performance” dell’economia digitale (così ci definisce il Digital Economy and Society Index 2017) ed evitare il rischio di un nuovo digital divide che potrebbe gravare sul 37% della popolazione, quella che risiede fuori dalle grandi città. EOLO SpA che è già impegnata a portare la banda ultralarga nei territori italiani più difficili, ha recentemente acquisito dal MISE, con un investimento di 10 milioni di euro, i diritti d’uso per 224MHz di spettro radio a 28GHz su scala nazionale, il cui deployment in campo inizierà a breve. A partire dal secondo semestre 2017, le tecnologie “5G ready” di EOLO saranno in grado di erogare agli utenti servizi di connettività con una velocità pari a 100Mbps in download e 50Mbps in upload.
«Da anni EOLO ha messo in campo importanti investimenti di ricerca e sviluppo per migliorare la rete verso il 5G puntando su velocità di banda, efficienza spettrale e bassa latenza –commenta Luca Spada, CEO di EOLO–. Si tratta di un passo fondamentale per rendere il nostro Paese davvero competitivo in Europa, dove siamo al 25° posto in quanto a sviluppo dell’economia e della società digitale, e nel mondo. EOLO, mettendo a disposizione rete e competenze, è pronta a giocare un ruolo da protagonista per rendere il cambiamento possibile anche nelle aree più periferiche d’Italia».
Il 5G non è una tecnologia specifica ma un nuovo modello di fare TLC wireless, siano esse fisse o mobili: lo confermano i più recenti documenti dell’Unione Europea e dell’ITU. Per questo motivo, se si vuole dare una risposta concreta alla necessità di promuovere la diffusione della banda ultralarga nei nostri territori lo sviluppo del 5G in Italia dovrà essere tecnologicamente neutro. Se così non fosse si correrebbe il rischio escludere nuovamente quelle parti di territorio che sinora hanno pagato il prezzo più grande in termini di digital divide: tutti quei piccoli e medi centri abitati (6.950 comuni del cluster C e D, il 37% della popolazione) che con estremo ritardo hanno visto arrivare la banda larga. Significherebbe perdere un’occasione importante di sviluppo per il Paese.
«Per agevolare anche lo sviluppo del 5G fisso (il Fixed Wireless Access) –commenta Luca Spada–, occorrono ulteriori frequenze specificatamente dedicate e modelli di assegnazione ad hoc. In quest’ottica, la sperimentazione avviata recentemente dal MISE sulle frequenze 3.6-3.8 MHz dovrebbe coinvolgere anche l’FWA, soprattutto nelle aree extra-urbane e rurali, da sempre i territori dove gli operatori wireless fissi hanno investito». Il tema è quanto mai attuale ed è stato al centro dei lavori del Digital Regulation Forum 2017, svoltosi a Londra il 28 e il 29 marzo, dove i decisori delle istituzioni europee si sono confrontati assieme a investitori e principali player del mercato.