Il Listino Ufficiale della Borsa Immobiliare di Roma, oltre a riportare semestralmente le quotazioni immobiliari dell’Area Metropolitana di Roma Capitale, presenta un apposito capitolo dedicato all’Osservatorio Immobiliare della BIR in cui analizza i principali dati relativi al mercato di riferimento. In particolare, l’Osservatorio ha al suo interno una sezione specifica in cui vengono analizzate le principali informazioni – fornite dagli Agenti Accreditati Bir – sugli immobili transati dagli stessi. Per quanto riguarda gli immobili collocati nel corso di tutto il 2019 il 33,1% risulta concesso in locazione e il 66% è stato venduto ma non si registrano cambiamenti significativi rispetto a quanto rilevato nel 2018.
Quanto alla tipologia degli immobili transati – venduti o concessi in locazione – per l’88,2% si è trattato di appartamenti, ville o villini, cioè il residenziale (era l’87,9% nel 2018), mentre il restante 11,4% ha riguardato il non residenziale nel suo complesso. Per quanto riguarda le sole locazioni, il 79,4% ha riguardato il residenziale (il valore è salito di un punto percentuale rispetto all’anno precedente); nel non residenziale, invece, per l’8,9% si è trattato di locali commerciali, artigianali o per il terziario (erano l’11,6% nel 2018); l’8,9% per gli uffici (erano il 5,3% l’anno precedente) e per lo 0,6% box o posti auto (dal 2,1% del 2018); infine, per il restante 1,1% si è trattato di complessi commerciali.
Per quanto concerne le vendite, il 94,1% ha riguardato appartamenti, ville o villini (erano il 93% l’anno precedente); il 2,2% locali commerciali, artigianali o per il terziario (dal 4,5% dell’anno precedente); l’1,1% uffici (dall’1,4%); l’1,7% box e posti auto (dallo 0,8%); lo 0,9% per tutte le restanti tipologie. Da un’analisi complessiva rispetto alla tipologia di immobile c’è da notare che per gli appartamenti, ville o villini prevalgono le vendite (70,1%), rispetto alle locazioni (29,9%); invece, il mercato degli uffici presenta una situazione opposta perché si incontrano le vendite al 20% e le locazioni all’80%; stesso fenomeno per i locali commerciali, artigianali o per il terziario, dove il 66,7% delle transazioni sono state locazioni e il 33,3% vendite; infine, per i box e i posti auto si incontrano il 14,3% per le locazioni e l’85,7% per le vendite.
Da un’analisi geografica è emerso che nel 2019 in totale il 21,8% degli immobili sono stati collocati nelle Zone dell’Agro romano; il 17,9% nei Quartieri urbani e Suburbi Sud; il 17,2% nei Quartieri urbani e Suburbi Ovest; il 13,5% nei Quartieri urbani e Suburbi Nord; il 12,5% nei Quartieri urbani e Suburbi Est; l’8,6% nel Centro storico di Roma; infine, il residuo 8,6% nei restanti Comuni della Città Metropolitana di Roma Capitale. Per quanto concerne le sole vendite, nel 2019 il 24,7% degli immobili venduti si trova nelle Zone dell’Agro romano; il 18,2% nei Quartieri urbani e Suburbi Ovest; il 16,8% in quelli Sud; il 15,9% in quelli Est; il 10,3% in quelli Nord; il 4,4% nel Centro storico e il 9,7% nei Comuni della Città Metropolitana di Roma Capitale. Invece, per le locazioni il 20,2% degli immobili locati nel 2018 si trova nei Quartieri urbani e Suburbi Sud; il 19,7% in quelli Nord; il 16,8% nel Centro storico; il 16,2% nelle Zone dell’Agro romano; il 15% in quelli Ovest; il 6,4% nei Comuni della Città Metropolitana di Roma Capitale e il restante 5,8% nei Quartieri urbani e Suburbi Est. Riepilogando, nel Centro storico le locazioni hanno superato di gran lunga le vendite, mentre nelle altre aree generalmente è il numero delle vendite che supera quello delle locazioni.
Spostando l’analisi sui tempi medi di collocamento è emerso che quelli relativi alle locazioni sono stati più rapidi rispetto a quelli delle vendite: infatti, in media nel 2019 sono occorsi 171 giorni per affittare e 232 per vendere un immobile, contro i 176 dell’anno precedente per affittare e i 238 per vendere. Nel dettaglio, se per affittare un appartamento, villa o villino sono bastati 145 giorni, per vendere ne sono occorsi 243; analogamente, nel non residenziale sono occorsi 217 giorni per affittare e 450 per vendere. Dall’analisi geografica sono emerse notevoli differenze tra i vari quartieri di Roma – a seconda che si sia trattato di locazioni o vendite – e, in particolare: nel Centro storico sono occorsi 365 giorni per vendere un immobile e 218 per affittare; 269 contro 143 nei Quartieri Nord; 284 contro 186 nei Quartieri Est; 256 contro 191 nei Quartieri Sud; infine, 196 per vendere invece di 106 per locare nei Quartieri Ovest.
Concludendo, da un’analisi della serie storica dei tempi di collocamento per tipo di transazione in tutta l’area sin qui presa in considerazione – dal 2004 al 2019 – si è evidenziato che, se nel 2004 bastavano 100 giorni per vendere un bene, nel 2019 ne sono occorsi 232, dato che aveva raggiunto il suo massimo storico nel 2016 (318 giorni) e, anche per quanto riguarda le locazioni, si è registrato un incremento nel periodo in esame: 101 giorni nel 2004 contro i 171 del 2019, tuttavia entrambi i valori sono scesi rispetto al 2018.
COMPRAVENDITE E LOCAZIONI: I PREZZI DELLE ABITAZIONI IN EUROPA – EUROSTAT (ANSA)
I prezzi delle abitazioni nel IV trimestre del 2019 sono aumentati del 4,2% nella zona euro e del 4,7% nell’Ue-27, rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente. Rispetto al III trimestre del 2019, l’aumento dei prezzi degli alloggi è stato dello 0,7% nella zona euro e dello 0,8% nell’Ue-27, mentre in Italia si è registrato un aumento dello 0,3% su base annua e un calo dell’indice di -0,2% rispetto al trimestre precedente. Tra gli Stati membri gli aumenti più significativi, su base annua, si sono avuti in Lussemburgo (+11%), Slovacchia (+10,9%) e Croazia (+10%), mentre si è registrato un solo calo, a Cipro (-4,8%). Rispetto al trimestre precedente gli aumenti più marcati si sono registrati a Malta (+3,5%), Estonia e Croazia (+2,9% ciascuno) e Polonia (+2,8%); i cali principali si sono avuti a Cipro (-3,7%), in Danimarca (-3,2%) e in Ungheria (-1,5%).
CORONAVIRUS E IMMOBILIARE: LA CASA RESTA UN BENE RIFUGIO – IMMOBILIARE.IT
Per molti la pandemia e il lockdown causato dal Coronavirus in Italia porteranno presto il nostro Paese a una crisi economica ma la casa sembra rimanere un bene rifugio. Infatti, secondo i risultati meno di una persona su tre (31,2%), sta pensando di rimandare l’acquisto, mentre il resto degli utenti intervistati si divide fra chi è preoccupato ma non per questo ha intenzione di accantonare l’idea di comprare casa (30,1%) e chi, invece, si sente più ottimista nella ricerca (22,7%); infine, per il 16% questa situazione non sta avendo alcuna influenza sulla sua decisione di acquistare un immobile. L’età non sembra aver peso sull’ipotesi di rinunciare alla ricerca e all’acquisto di una casa, tanto che la percentuale dei rispondenti che sta pensando di posticipare tutto a tempi migliori è molto simile fra gli under 50 e gli over 50 (rispettivamente 30,7% e 32,3%). Ciò che sembra fare di più la differenza su questo approccio è la finalità d’acquisto: chi si è fatto maggiormente intimorire dalla pandemia è chi sta cercando casa da comprare ai propri figli, tanto che il 37,2% di questa fetta di campione sta pensando di rimandare; la percentuale scende al 33,9% fra chi sta cercando come
investimento personale ma tocca il picco più basso del 28,7% fra gli utenti in cerca della prima casa, la fascia che sembra rimanere in ogni caso più ferma nella sua volontà di acquistare; infine, i timori sono più diffusi fra chi sta pensando di rimandare l’acquisto. All’oltre 30% del campione che ha dichiarato di essere molto preoccupato al punto di pensare di posticipare la sua ricerca immobiliare, è stato chiesto anche di giustificare le motivazioni di questa ipotesi: al primo posto fra i timori più ricorrenti c’è la paura che scoppi nel breve una grave crisi economica in cui non ci si potrà permettere di indebitarsi con l’acquisto di una casa e questa motivazione è stata indicata dal 59,3%; a seguire, il 20,7% di chi sta pensando di rimandare lo farebbe nella convinzione che la pandemia porterà a un calo dei prezzi, per cui potrebbe valere la pena di aspettare per trovare offerte migliori sul mercato; il 10,4% valuta l’idea di posticipare la ricerca per timore di perdere il lavoro a seguito del lockdown – timore, questo, maggiormente diffuso nella fascia d’età più giovane, infatti gli under 50 lo hanno indicato con una percentuale di oltre il 12%, mentre scende al 6,9% la percentuale di chi ha dato questa risposta e ha più di 50 anni –; infine, il 9,7% degli utenti potrebbe rimandare la ricerca perché non ha più fiducia nella possibilità che le banche gli concedano un mutuo. Gli intervistati non hanno buone aspettative rispetto a quello che succederà all’economia italiana quest’anno: infatti, secondo il 58,5% la pandemia porterà nel breve a una recessione; il 18% dei rispondenti appare poco meno catastrofista prevedendo comunque delle perdite economiche ma contenute; per il 4,3% è possibile che dopo il lockdown l’economia italiana cresca, seppur di poco, mentre è più alta (7,1%), la percentuale di chi prevede addirittura un boom economico dopo la riapertura di tutte le attività.
CORONAVIRUS: EFFETTI ANCORA NON VISIBILI SUGLI AFFITTI, SU DEL 2,6% NEL I TRIMESTRE – IDEALISTA.IT
In crescita il prezzo dei canoni di locazione delle abitazioni nel I trimestre in Italia, a una media di 9,8 euro al metro quadro e le richieste di incremento dei canoni da parte dei proprietari hanno segnato un +2,6% rispetto a dicembre 2019 (dati prima del Coronavirus), +6,5% in termini annuali ma quella che il report restituisce è l’istantanea di una situazione ancora normale, con effetti del Coronavirus poco visibili sui prezzi delle locazioni. Infatti, allo stato attuale per l’emergenza causata da virus è impossibile affittare una casa, non è possibile visitarla, consegnare le chiavi o spostarsi, dunque il mercato è fermo e non ci saranno operazioni nelle prossime settimane. Quanto ai prezzi, non vi è dubbio che d’ora in avanti saranno oggetto di negoziazione al ribasso tra proprietari e inquilini, pertanto non si esclude che i prezzi diminuiranno drasticamente, tuttavia con il prevedibile aumento della domanda di affitto, probabilmente non ci vorrà molto per ritrovare gli attuali livelli dei prezzi, se l’emergenza non si protrarrà troppo a lungo. Il trimestre si è concluso all’insegna dei rialzi per 13 Regioni sulle 20 monitorate con gli incrementi maggiori in Emilia-Romagna (5,9%), Toscana (5%) e Lombardia (3,5%); sul fronte opposto vi sono indici in forte ribasso in Basilicata (-5,4%), Valle d’Aosta (-4,2%) e Puglia (-2,6%). La Lombardia (14 euro/m²) rimane la Regione più cara per gli inquilini, seguita da Lazio e Toscana entrambe con una richiesta di 11,6 euro/m² mensili; i valori più bassi della penisola si trovano in Calabria (5,5 euro/m²), ultima nel ranking dei prezzi davanti a Molise (5,6 euro/m²) e Sicilia (6 euro/m²). La maggior parte delle aree provinciali monitorate presentano un andamento positivo nei primi mesi dell’anno, con balzi più pronunciati (a doppia cifra), in cinque
aree: Rimini (29,6%), Lucca (17,2%), Grosseto (16,3%), Verbano-Cusio-Ossola (13%) e Livorno (10,1%). Delle 40 macroaree che chiudono in saldo negativo, Sondrio (-13,5) e Bolzano (-10,9%), segnano i maggiori indici di ribasso, davanti a Taranto e Agrigento, entrambe con un -9,7%. Milano (18,1 euro/m²) continua a guidare il ranking provinciale dei prezzi, a seguire vi sono le Province romagnole di Ravenna (16,3 euro/m²) e Rimini (14,2 euro/m²), mentre sul lato opposto della graduatoria la più economica è Enna con 4,2 euro/m², davanti a Caltanissetta (4,4 euro/m2) e Benevento (4,6 euro/m2). Da notare incrementi delle richieste dei canoni di locazione in 59 Comuni capoluogo sui 103 rilevati negli ultimi tre mesi, mentre i mercati minori risultano i più volatili con Avellino (12,3%), Chieti (12,1%) e Prato (8,3%), a segnare i maggiori aumenti; all’opposto, i cali maggiori spettano ad Aosta e Agrigento, entrambi giù al ritmo dell’8,9%, seguiti da Verbania a ribasso del 7,8%. I grandi mercati segnano un andamento rialzista, come dimostrano i dati di Bologna (5,8%), Palermo (2,5%), Torino (2,3%); Milano e Roma segnano un aumento del 2,1% nel I trimestre, seguite da Napoli con un +1,8%. Tutti i mercati citati hanno evidenziato una frenata a marzo, una convergenza che fa pensare a un primo effetto del Coronavirus. Con una media di 20 euro/m² mensili Milano è sempre più cara per gli affittuari, seguita da Firenze (15,9 euro/m²), Venezia (15,6 euro/m²) e Bologna, che ha raggiunto i 14,1 euro/m² mensili in virtù della costante crescita dei canoni registrata negli ultimi anni; sul fronte opposto si trovano Agrigento (4,1 euro/m²), Caltanissetta (3,9 euro/m²) e Vibo Valentia (3,7 euro/m²), le città più economiche per chi sceglie l’affitto.
LOCAZIONI UNIVERSITARI: SONO IL 9,6% DEGLI INQUILINI – TECNOCASA
Nel II semestre del 2019 i canoni di locazione delle grandi città sono in aumento: +2,9% per i monolocali e +3,1% per i bilocali e i trilocali, dunque su tutte le tipologie si vede un segnale positivo, attribuibile prevalentemente a una diminuzione dell’offerta e a un incremento della domanda. La distribuzione della motivazione di chi prende casa in affitto è così composta: il 64,7% cerca la casa principale, il 25,7% lo fa per motivi legati al lavoro e il 9,6% per motivi legati allo studio (la percentuale di chi cerca per motivi di studio è soggetta a stagionalità, con percentuali che aumentano nel II semestre dell’anno) ma Milano primeggia tra chi prende casa in affitto per motivi di studio (33,8%), tallonata da Torino (31,9%). Limitando l’analisi al target degli studenti emerge che le tipologie più affittate sono il bilocale (35%) e il trilocale (31,5%), mentre i contratti maggiormente stipulati sono quelli transitori. I ragazzi che cercano casa sono attenti alla distanza dalla facoltà universitaria per abbattere i tempi di spostamento, alla presenza dei servizi, alla tranquillità della zona oltre che allo stato dell’immobile e dell’arredamento e spesso l’appartamento è condiviso con amici per poter risparmiare. A livello nazionale il rendimento annuo lordo di un bilocale si aggira intorno al 5% e quello di un trilocale è del 4,7%, rendimenti che, spesso, in caso di affitti a studenti aumentano se si opta per l’affitto del posto letto ed è proprio la notevole domanda di posti letto, l’offerta non sempre adeguata e, in alcune città, anche in diminuzione, che stanno spingendo diversi investitori verso operazioni di student housing o comunque, in generale, alla creazione di posti letto; si segnalano anche diverse società che prendono in locazione l’immobile per poi affittarlo a loro volta agli studenti, previo accordo con i proprietari. Considerando che in Italia solo il 2% degli studenti vive in uno studentato contro una media europea del 19%, appare chiaro il motivo per cui molti investitori negli
ultimi anni si stanno riversando sul segmento dello student housing e, in particolare, nelle città ad alta presenza di atenei (Milano, Bologna, Torino e Roma per citarne alcune ma anche Padova o Pisa), senza contare che in Italia c’è anche una forte presenza di studenti stranieri.
MUTUI
BANCHE E MONETA: SERIE NAZIONALI – BANCA D’ITALIA
A febbraio i prestiti al settore privato, corretti per tener conto delle cartolarizzazioni e degli altri crediti ceduti e cancellati dai bilanci bancari, sono cresciuti dello 0,3% sui dodici mesi, contro lo 0,6% del periodo precedente. I prestiti alle famiglie sono aumentati del 2,5% sui dodici mesi (come in gennaio), mentre quelli alle società non finanziarie sono diminuiti dell’1,3% (-1,1% nel mese precedente). I depositi del settore privato sono cresciuti del 6,2% sui dodici mesi contro il 5,3 in gennaio, mentre la raccolta obbligazionaria è diminuita dell’1,6% sullo stesso periodo dell’anno precedente contro una riduzione del 2,1% in gennaio. Le sofferenze sono diminuite del 17,5% sui dodici mesi (in gennaio la riduzione era stata del 17,4%) e il calo risente di alcune operazioni di cartolarizzazioni avvenute nell’ultimo anno. In febbraio i tassi di interesse sui prestiti erogati nel mese alle famiglie per l’acquisto di abitazioni, comprensivi delle spese accessorie, si sono collocati all’1,74% (1,76% in gennaio), mentre quelli sulle nuove erogazioni di credito al consumo all’8%. I tassi di interesse sui nuovi prestiti alle società non finanziarie sono stati pari all’1,25% (1,18% in gennaio); quelli sui nuovi prestiti di importo fino a 1 milione di euro sono stati pari all’1,86%, mentre quelli sui nuovi prestiti di importo superiore a tale soglia si sono collocati allo 0,75%. Infine, i tassi passivi sul complesso dei depositi in essere sono stati pari allo 0,36%.
RAPPORTO MENSILE: APRILE 2020 – ABI
A marzo 2020 i prestiti a famiglie e imprese sono aumentati dell’1,4% rispetto a un anno fa. Tale evidenza emerge dalle stime basate sui dati pubblicati dalla Banca d’Italia, relativi ai finanziamenti a famiglie e imprese (calcolati includendo i prestiti cartolarizzati e al netto delle variazioni delle consistenze non connesse con transazioni, per esempio variazioni dovute a fluttuazioni del cambio, ad aggiustamenti di valore o a riclassificazioni). L’incremento rispetto al dato di febbraio 2020, quando l’aumento è stato dell’0,5%, è riconducibile agli effetti delle diverse moratorie attivate a marzo (moratorie Abi, moratorie previste dal decreto legge n.18 del 17 marzo e moratorie attivate dalle singole banche) e dal maggior utilizzo delle linee di credito. A marzo 2020 i tassi di interesse sulle nuove operazioni di finanziamento sono su livelli particolarmente bassi e registrano le seguenti dinamiche: il tasso medio sulle nuove operazioni di finanziamento alle imprese è l’1,22% (1,25% il mese precedente, 5,48% a fine 2007); il tasso medio sulle nuove operazioni per acquisto di abitazioni è l’1,40% (1,40% anche a febbraio 2020, 5,72% a fine 2007); il tasso medio sul totale dei prestiti è il 2,46% (2,47% il mese precedente e 6,18% prima della crisi, a fine 2007). Le sofferenze nette (cioè al netto delle svalutazioni e accantonamenti già effettuati dalle banche con proprie risorse), a febbraio 2020 sono 25,9 miliardi di euro, in calo rispetto ai 33,6 miliardi di febbraio 2019 (-7,7 miliardi, pari a -22,8%) e ai 54,5 miliardi di febbraio 2018 (-28,6 miliardi, pari a un -52,4%). Rispetto al livello massimo delle sofferenze nette, raggiunto a novembre 2015 (88,8 miliardi), la riduzione è di circa 63 miliardi (pari a -70,8%). Il rapporto sofferenze nette su impieghi totali è dell’1,53% a febbraio 2020 (era 1,95% a febbraio 2019, 3,16% a febbraio 2018 e 4,89% a novembre 2015). Il margine (spread), fra il tasso medio sui prestiti e quello medio sulla raccolta a famiglie e società non finanziarie permane in Italia su livelli particolarmente bassi e a marzo 2020 risulta di 189 punti base (190 punti base nel mese precedente), in marcato calo dagli oltre 300 punti base di prima della crisi finanziaria (335 punti base a fine 2007).
IL 2019 SI È CHIUSO IN RIPRESA, PER IL 2020 LA SOLA CERTEZZA SONO I TASSI BASSI – KIRON
Le famiglie italiane hanno ricevuto finanziamenti per l’acquisto dell’abitazione per 48.882 milioni nel 2019 e rispetto al 2018 si registra un calo delle erogazioni pari a -3,2%, per un controvalore di -1.626 milioni di euro: è quanto emerge dai dati riportati nel report Banche e istituzioni finanziarie del IV trimestre 2019 pubblicato da Banca d’Italia a fine marzo. Riguardo al IV e ultimo trimestre dell’anno scorso si registra una crescita dei volumi erogati rispetto allo stesso periodo del 2018, pari a un +9,3% con 15.307 milioni erogati. Come nelle attese, l’ultimo trimestre del 2019 vede la riduzione nella contrazione dell’erogazione di mutui che si era accumulata soprattutto nel II e nel III trimestre dell’anno. Approfondendo i dati relativi alle erogazioni di mutui si nota che le operazioni di mutuo a supporto di un acquisto immobiliare sono tornate in positivo (+1,3%), mentre nel III trimestre il calo era del -6,6%. Nel mese di agosto 2019 il crollo dei tassi ha determinato un successivo boom di richieste a settembre che, come preventivato, ha dato vigore all’ultimo trimestre dell’anno. In particolare, le operazioni di surroga hanno registrato un incremento di volumi di ben il 68% (trimestre precedente -37,2%), mentre nel IV trimestre del 2019 le operazioni di surroga hanno rappresentato oltre il 18% del mercato. La fotografia di chiusura del 2019 vede un mercato solido e ben impostato, che però sarà condizionato nei prossimi mesi da un andamento economico e finanziario influenzato dall’emergenza sanitaria causata dal virus Covid-19, per cui attualmente si può solo affermare che l’erogazione di mutui dovrebbe registrare un calo nel I trimestre 2020. La fase di lockdown del sistema Italia non potrà che impattare sull’erogazione del credito, in virtù del fatto che ad oggi le stipule degli atti sono possibili solo nei casi di estrema urgenza. Si ipotizza, pertanto, una diminuzione fra i 3 e i 4 miliardi di euro solo nel I trimestre e solo una volta tornati in regime di normalità si dovranno interpretate le politiche del credito degli istituti eroganti e, in ultimo, fondamentale sarà l’indice di fiducia delle famiglie riguardo alle proprie aspettative economiche e finanziarie. Dunque, sono molte le variabili da prendere in considerazione per poter fare un’analisi attendibile riguardo allo sviluppo del mercato dei mutui nel 2020 ma un segnale positivo è legato all’andamento dei tassi che rimarranno bassi per lungo tempo.
IL COVID-19 PESA SUL MATTONE? – MUTUIONLINE.IT
Il mercato dei mutui ha di fronte uno scenario di forti contrasti: da un lato le crescenti incertezze economiche generate dalla crisi Covid-19 hanno portato il costo del denaro a stabilizzarsi su nuovi minimi e con la prospettiva di rimanere a lungo su tali livelli; dall’altro, le forti limitazioni alle attività e alla mobilità originate dallo stesso Covid-19 hanno rallentato sempre più anche l’operatività di tutta la filiera immobiliare e finanziaria. Le banche operano a filiali e ranghi ridotti, gli agenti immobiliari
non possono far visitare gli immobili, i periti immobiliari cercano di sopperire ai limiti con le videoperizie, i notai devono operare a distanza e i clienti devono autocertificare l’improrogabilità e la necessità dell’esigenza di un atto o di un incontro, mentre il Governo man mano emana decreti e provvedimenti nel tentativo di restituire certezze e regole all’intero Paese. Per quanto tutti gli operatori si stiano progressivamente riorganizzando, è ovvio che nel complesso il clima non favorisce il mantenimento dei normali livelli di attività del settore che, quindi, registra un rallentamento dei volumi sia nelle compravendite immobiliari che nelle erogazioni di mutui; la situazione però favorisce la possibilità di usufruire al meglio dei servizi di comparazione e richiesta del mutuo a distanza, tramite portali come MutuiOnline.it che permettono di semplificare e svolgere tutti i passaggi preliminari per i quali sarebbe altrimenti necessario contattare le varie banche, prendere un appuntamento, informarsi sulle specifiche condizioni di mutuo offerte, mettere tutto insieme per effettuare un confronto e poi far partire l’iter di approfondimento ed eventuale richiesta con la banca prescelta. Tramite un broker online tutta questa fase diventa molto più semplice, veloce e sicura, considerate le limitazioni e i rischi collegati all’emergenza Covid-19. Dal punto di vista delle condizioni il mercato dei mutui si conferma certamente molto attrattivo, dato che i tassi si mantengono vicini ai minimi storici assoluti e si può prevedere che restino su tali livelli per diverso tempo: le migliori offerte per un mutuo di venti anni partono dallo 0,50% sia per i mutui a tasso variabile che a tasso fisso; a trent’anni il tasso fisso sale allo 0,80% ma si tratta in tutta evidenza di tassi estremamente convenienti per tutte le scadenze e anche portando il mutuo alla massima soglia di normale finanziamento dell’80%, i tassi di un mutuo trentennale salgono appena allo 0,70% per un variabile e all’1,10% per un fisso; pertanto, livelli così contenuti dei tassi e un differenziale così ridotto tra fissi e variabili non può che prolungare e accentuare il successo del tasso fisso che si avvicina ormai alla quota del 95% sia sui nuovi mutui richiesti che su quelli erogati. Questi tassi contribuiscono anche al record assoluto di quota della surroga sul totale delle operazioni intermediate da MutuiOnline.it: nel I trimestre 2020 le surroghe hanno raggiunto il 65% delle erogazioni totali gestite dal portale, a conferma del fatto che tassi così bassi massimizzano la convenienza di sostituzione di un mutuo: su un mutuo originario da 120.000 € stipulato nel 2012-2013 per 20 anni il risparmio può arrivare a 40.000 € e superare ampiamente addirittura gli 80.000 euro per lo stesso mutuo stipulato per una durata di 30 anni; anche per chi godeva già di un buon tasso precedente il risparmio rimane significativo: 16.000/18.000 € per un mutuo ventennale partito nel triennio 2016-2018 e 23.000/28.000 € per la sua variante trentennale. Sulle durate, si conferma quella dei 20 anni la scelta più gettonata, con il 39% del totale; quote molto simili tra il 17% e il 19% per le durate di 15, 25 e 30 anni e vale la pena di segnalare che ormai da parecchi anni la quota della durata dei 15 anni è superiore a quella dei 25 anni e che la quota dei mutui trentennali dal 2015 in poi si è quasi dimezzata rispetto agli anni tra il 2007 e il 2014 che la vedevano sempre su soglie tra il 27% e il 36%. L’effetto del calo dei tassi, quindi, si è fatto sentire anche qui, permettendo man mano di ridurre il valore delle rate e distribuire così gli importi di mutuo, di per sé in crescita, su un numero inferiore di anni di rimborso. Per quanto riguarda le altre variabili del mercato, da notare l’aumento ulteriore dell’importo medio erogato che ha superato anche i 140.000 euro: anche in questo caso i tassi sempre più bassi facilitano l’ottenimento di importi maggiori senza un aggravio della rata sul bilancio familiare. Il 65% delle erogazioni è compresa nella fascia tra i 50.000 € e i 150.000 €, ma si nota la graduale crescita della fascia da 150.000 € a 200.000 €, che arriva a pesare il 19% dopo una progressiva salita partita dal 14% del III trimestre del 2018. A livello demografico il Sud e le Isole scendono complessivamente al 14% degli erogati nazionali, una delle quote più basse mai toccate. La fascia di età 36-45 anni resta la più alta (45%), tra quelle dei mutuatari ma continua l’aumento della fascia 46-55 anni che, alimentata anche dalle tante surroghe, supera il 23%, mentre la fascia 26-35 anni si indebolisce ulteriormente, proseguendo la progressiva discesa dal 43% del 2006 fino alla quota minima del 24% di oggi.
NEWS INDICATORI DEI PERMESSI DI COSTRUIRE – ISTAT
Nel III trimestre 2019, nel comparto residenziale, si stima una crescita congiunturale del 2,8% per il numero di abitazioni e del 3,9% per la superficie utile. La superficie dei fabbricati non residenziali è in marcata diminuzione rispetto al trimestre precedente (-9,8%). Nel III trimestre 2019 la stima del numero di abitazioni dei nuovi fabbricati residenziali, al netto della stagionalità, si colloca poco al di sotto della soglia delle 13,6mila unità, la superficie utile abitabile si attesta intorno agli 1,21 milioni di metri quadrati, mentre quella non residenziale scende al di sotto dei 3 milioni di metri quadrati. In termini tendenziali, nel III trimestre del 2019 si osserva una flessione di tutto il settore residenziale: -4,6% per il numero di abitazioni e -1% per la superficie utile abitabile. L’edilizia non residenziale nel III trimestre dell’anno diminuisce del 3,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
LE COSTRUZIONI ITALIANE RISCHIANO DI VEDERE ANDARE IN FUMO 34 MILIARDI DI EURO DI INVESTIMENTI NEL 2020 – CRESME
È questo il risultato della stima preliminare sull’impatto settoriale dell’emergenza sanitaria: in base alle analisi svolte edilizia e genio civile, includendo investimenti in nuova costruzione e manutenzione straordinaria, potrebbero subire una contrazione (valutata a valori costanti), del -22,6% rispetto al 2019 e, a titolo di paragone, nel 2009, l’anno più nero per le costruzioni italiane durante la crisi, la flessione degli investimenti era stata del -9,6%. Va inoltre considerato che prima dell’emergenza sanitaria le costruzioni sperimentavano una fase di crescita che andava consolidandosi e le attese a fine 2019 erano infatti confortanti, con una crescita complessiva del +2,4% (che dava seguito al +3% dell’anno passato), trainata dall’attività nuova costruzione (specialmente in ambito infrastrutturale). Gli investimenti attesi nel 2020, valutati a valori 2019, erano quindi pari a circa 141 miliardi di euro; le stime preliminari del Cresme indicano, invece, che ci si potrebbe fermare ad appena 107 miliardi di euro, una perdita potenziale pari a 34 miliardi di euro. Se invece si guarda al dato del 2019 (138 miliardi), la caduta è quantificabile in 31 miliardi di euro. A livello settoriale, l’impatto sull’attività edilizia coinvolgerebbe in egual misura sia il comparto residenziale sia quello non residenziale (pubblico e privato). Gli investimenti in nuove abitazioni potrebbero crollare di oltre un quinto rispetto al 2019 (-22,6%), mentre più pesante potrebbe essere il blocco dell’attività di ristrutturazione, quantificabile in un -23,5% della spesa. Il settore residenziale potrebbe quindi perdere, rispetto alle attese di inizio 2020, 3,9 miliardi di nuova costruzione e ben 13,2 miliardi di ristrutturazioni. Numeri parimenti negativi potrebbero riguardare il settore non residenziale (-23% per la nuova costruzione privata, -27% per la nuova costruzione pubblica, -30% per la riqualificazione in ambito privato e -27% in ambito pubblico), che equivalgono a 3,2 miliardi per il non residenziale nuovo privato (-1,3 miliardi per il pubblico) e 6,8 miliardi per la riqualificazione privata (-1,7 miliardi per quella pubblica). Seppur di minore entità, potrebbe essere drammatico anche il dato sui minori investimenti in opere infrastrutturali, che crollerebbero del -12,6% sia in ambito di nuova costruzione (-2,5 miliardi), sia in ambito di manutenzione straordinaria (-1,9 miliardi).