Nel 2018 le transazioni del mercato immobiliare commerciale europeo hanno movimentato 53,8 miliardi di euro di investimenti complessivi, in leggera flessione rispetto all’anno precedente, con una previsione di crescita dell’1,3% per arrivare a 54,5 miliardi nel 2019. In Italia il fatturato immobiliare del settore commerciale nel 2018 ha raggiunto 8,9 miliardi di euro, che dovrebbero salire a 9,3 nel 2020. Sono questi alcuni dei dati emersi oggi a Milano nel corso della presentazione di “Shopping 2019”, il Rapporto sul mercato immobiliare commerciale in Europa e in Italia con focus high street Firenze, Venezia, Milano e Roma, a cura di Scenari Immobiliari.
L’andamento del mercato in Europa
“L’andamento del mercato immobiliare commerciale europeo nel 2018 – ha commentato Clara Garibello, Direttore di Ricerca di Scenari Immobiliari – è stato caratterizzato da una forte polarizzazione che si è manifestata in diversi ambiti, nelle aree geografiche, nelle strutture, nei segmenti di mercato, negli investitori e nelle transazioni. C’è stato un sentiment poco favorevole e si è registrata una correlazione inversa tra investimenti nel real estate e aumento delle vendite online. Ha predominato un atteggiamento di cautela da parte degli investitori, già condizionati da una bassa propensione al rischio, determinata dall’abbondante disponibilità di capitali e dal ridotto costo del denaro, fattori che hanno contraddistinto i mercati negli ultimi anni. Si è registrato un andamento disomogeneo tra i Paesi, che ha premiato quelli dell’area mediterranea quali Spagna, Portogallo e Italia, e penalizzato invece alcuni più a nord, Regno Unito e Germania in primis, dovuto a una disparità correlata alla crescita delle vendite online”.
Se nel 2015 gli investimenti nel comparto europeo avevano toccato i 65,4 miliardi di euro, negli anni successivi è stato registrato un calo a due cifre culminato nei quasi 54 miliardi del 2018, anno che dovrebbe segnare il punto di ripartenza del settore in previsione di un aumento di poco più di un punto percentuale per il 2019.
Il comparto italiano
“Il mercato immobiliare del commercio in Italia – ha proseguito Garibello – ha chiuso il 2018 in sostanziale stabilità in confronto all’anno precedente. Le dinamiche delle transazioni hanno evidenziato, tuttavia, una marcata polarizzazione in termini qualitativi e d’interesse. Nonostante si sia attenuato il sentiment poco favorevole che ha fluttuato in Europa, scemato prima nell’area mediterranea e poi in tutta la Penisola, l’atteggiamento degli investitori è stato di maggiore cautela, anche se rispetto al continente, il mercato italiano è risultato più attrattivo. Le motivazioni sono da ricercare in un un’incidenza più contenuta nella crescita dell’e-commerce, che ha allontanato i timori di una veloce diffusione del commercio online, l’importanza dello spazio fisico nell’espansione dei retailer, evidenziato dalle numerose aperture, che ha rafforzato la fiducia nella necessità per i retailer di mantenere una rete fisica di negozi sul territorio. A cui bisogna aggiungere il modo diverso di fare shopping, soprattutto dei Paesi mediterranei, quasi sempre accompagnato da una forte componente leisure e da un’attrattività per la ristorazione e i servizi aggiuntivi. Infine, la costante crescita dei flussi turistici legati al commercio che consentono ricadute positive sulle economie, tanto nelle aree centrali delle grandi città quanto in quelle più periferiche o meno conosciute e da promuovere”.
Nel 2018 è proseguito il trend di crescita del giro d’affari del comparto commerciale in Italia: dopo il +4,2% registrato nel 2017, lo scorso anno l’incremento è stato pari al 2,9%, per 8,9 miliardi di euro di fatturato, e nel 2019 dovrebbe salire ancora a 9,1 miliardi (+2,2%), fino ai 9,3 del 2020.
Le transazioni in Italia
L’analisi di venticinque delle transazioni più significative di immobili a uso commerciale del 2018, suddivise per cluster, in relazione all’obiettivo strategico della compravendita, mette in evidenza la polarizzazione del mercato. In primo luogo, le transazioni di disinvestimento, tredici in totale, per una superficie di circa 264 mila mq con un controvalore di poco superiore ai 668 milioni di euro. Si è trattato di asset ceduti perché non più conformi alle proprie strategie da perseguire, ad esempio quelli esclusi da una posizione dominante.
Senza dimenticare le transazioni avvenute nelle high street, cinque in totale, per un investimento complessivo di poco inferiore a cinquecento milioni di euro. Sebbene l’interesse resti concentrato su Milano e Roma, l’attrattività si è allargata anche ad altre città, come Venezia e Bologna. L’abbandono dei centri storici da parte delle attività terziarie apre costantemente occasioni di posizionamento per i retailer. Tuttavia, scarseggiano le dimensioni desiderate e un probabile fabbisogno di sviluppo in verticale diventa un’opportunità in più per gli investitori.
Risulta significativa anche la quota di transazioni “rilevanti”, quattro in totale, per una superficie di oltre 148mila mq e un controvalore di 293 milioni di euro. Si è tratto principalmente di grandi strutture, collocate in posizioni dominanti rispetto al proprio bacino di riferimento, come il Gran Shopping Mongolfiera a Molfetta (Ba), oppure il Centro Sicilia in provincia di Catania, così come il centro commerciale Il Gialdo, in provincia di Torino.
Infine, le transazioni di immobili da valorizzare, due in totale, per una superficie di poco più di 60mila mq (ed un investimento di circa 105 milioni di euro). Hanno riguardato strutture in posizioni secondarie (Parma e Brennero), confermando l’interesse sia nel comparto che in location a bassa penetrazione dell’e-commerce.
Focus sulle high street: Milano, Roma, Firenze e Venezia
L’andamento del settore commerciale nel capoluogo meneghino è stato positivo nel 2018. Il dinamismo della città si è avvertito anche dalla forte domanda proveniente dai retailer, incentrata quasi esclusivamente sulle high street, mentre per le altre strade è stato rilevato un totale disinteresse. Sebbene normalmente per i retailer il singolo punto vendita debba raggiungere almeno l’equilibrio economico, nelle high street del capoluogo la posizione e l’immagine che ne deriva sono sufficienti a giustificare l’investimento.
La città ha ulteriori potenzialità per continuare a evolversi investendo sulle attrattività che meglio la contraddistinguono a livello internazionale, come il salone del mobile e la settimana della moda, aumentandone la cadenza. Infatti, questi eventi si convertono in perfetti connettori tra shopping, territorio, esperienzialità, online e scambio culturale.
Più nel dettaglio, il turnover di insegne nelle high street di Milano nel periodo di rilevazione (ottobre – dicembre 2018) rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente è stato di 77 retailer in uscita, 69 in entrata.
A Roma il 2018 è stato un anno abbastanza dinamico per il settore commerciale, la domanda dei retailer è stata vivace, anche se incentrata principalmente sulle high street e in prossimità dei flussi turistici. Si assiste a un processo di ottimizzazione e razionalizzazione della rete dei punti vendita per la maggior parte dei retailer. Soltanto i negozi che raggiungono i fatturati attesi restano attivi nella rete dei retailer, quelli meno strategici o con reddittività contenuta invece vengono chiusi, anche se collocati in posizioni centrali. La domanda di spazi è dinamica anche fuori dalle high street, come in viale Tuscolana o viale Marconi, dove le quotazioni sono più accessibili, infatti queste location vengono spesso scelte dai retailer come primo punto di approdo nel mercato della città. Più nel dettaglio, il turnover di insegne nelle high street di Roma nel periodo di rilevazione (ottobre – dicembre 2018), rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, è stato di 54 retailer in uscita e 54 in entrata.
A Firenze il mercato immobiliare commerciale nel 2018 è stato positivo, la domanda da parte dei retailer è rimasta consistente nonostante il freno dovuto alle limitazioni normative, anche le quotazioni hanno mantenuto una dinamica positiva e le prospettive sono di un proseguimento del trend anche nel 2019. Quanto alla rete di esercizi di commercio al dettaglio, si è registrato una leggera diminuzione del numero di negozi nel primo semestre del 2018, in confronto allo stesso periodo dell’anno precedente (meno 56 attività, erano 6.334 a giugno 2017). La spesa quotidiana in shopping di ciascun turista, secondo lo studio Shopping Tourism, è pari a circa 42 euro, che salgono a 120 se la motivazione principale del viaggio sono gli acquisti. Le high street di Firenze accompagnano lo shopping in un percorso emozionale, tra musei, palazzi storici e brand, con oltre 2.200 metri di strada nei quali si incrociano 329 vetrine (più 212 ingressi con vetrina). Nelle vie dove si concentrano i retailer del lusso, via Strozzi ed il percorso di via Roma, piazza della Repubblica (considerato solo il tratto di connessione tra via Roma e via Calimala), sono presenti 49 insegne con 65 vetrine, per una percorrenza di circa 460 metri di lunghezza. Si tratta quasi sempre di vie di dimensioni contenute, via Roma in particolare, lunga appena 96 metri, concentra 14 retailer del lusso con 16 vetrine di esposizione.
Venezia rimane la location nella quale i principali retailer collocano le proprie vetrine come un’esposizione del brand sul mondo, specialmente nel settore del lusso. Si tratta, tuttavia, di un mercato limitato principalmente alle high street, nelle quali la domanda e il turnover di insegne rimane elevato. Fuori da questi percorsi il dislivello è elevato, tanto nella domanda quanto nell’attrattività della singola posizione. In relazione allo stock del commercio al dettaglio, le attività al primo semestre 2018 hanno fatto registrare una contrazione nel numero di negozi, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (meno 9 attività, erano 4.793 a giugno 2017). Ogni turista spende in media 26 euro al giorno in shopping (e in questo caso sono incluse le spese anche di alloggio) e la quota sale a 238 euro se lo shopping è il motivo prevalente del viaggio. L’attrattività incontrastata del centro storico di Venezia ha un equilibrio proprio per quanto riguarda il settore commerciale, con domanda in persistente aumento dai principali retailer e turnover di insegne elevato. Nelle high street veneziane la visibilità è al primo posto, la vetrina del brand è una vetrina sul mondo che impatta sull’esperienza del turista, a prescindere dallo shopping effettuato. Nel percorso delle vie si susseguono esperienzialità d’arte, storia, brand e negozi di souvenir, in un contrasto di esposizione tra una vetrina sobria di un brand del lusso, affiancata spesso a quella densa e qualche volta confusionaria di souvenir. Nelle vie del lusso i negozi appaiono come musei oppure come teatri. Ogni vetrina è quasi un palcoscenico di luci e ambientazioni che evocano una scena teatrale, un’esposizione, alcune come un atelier di pittura, in perfetta armonia con la città nel suo complesso. Percorrendo circa 1.100 metri nelle high street di Venezia si incrociano 266 retailer e 446 vetrine (più 712 ingressi con vetrina).
“Il commercio – ha concluso Clara Garibello – deve ritrovare l’antica mission, quella di fungere anche da connettore e da interscambio culturale. Per il retail appare chiaro come nei principali progetti di sviluppo la chiave vincente sia quella del mix funzionale, indispensabile per garantire attrattività e integrazione con il territorio. Il compito successivo che deve svolgere il retail è calcolare la redditività congiunta di più funzioni, compreso l’online, e superare la fase di incertezza. Funzioni miste per contenitori flessibili, perfettamente integrati attraverso servizi intersettoriali, sono queste le sfide che attualmente si trova a dover affrontare il retail e che con molte probabilità saranno i fattori che caratterizzeranno l’intero mercato immobiliare nel prossimo decennio”.