“In Italia il processo di rigenerazione urbana riguarda circa 73mila edifici residenziali e almeno 1300 ad uso terziario. Vanno aggiunti poi complessi artigianali o produttivi dismessi localizzati nelle aree esterne per una prima stima di oltre cinquanta milioni di mq.” Questi i numeri che descrivono il tema del recupero urbano in Italia presentati da Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari nel corso dell’Audizione alla 13ma Commissione permanente territorio, ambiente, beni culturali del Senato sui disegni di legge 1131-970-985-1302 (Rigenerazione urbana).
“Nella fase attuale le problematiche, come giustamente individuate dal Ddl, di maggiore criticità a livello urbano riguardano gli immobili terziari o produttivi vuoti, abbandonati e non recuperabili, e gli immobili residenziali da riqualificare sia sotto l’aspetto edilizio che, soprattutto, ambientale e sociale. Il nostro Istituto ha dato in tal senso un contributo importante, quantificando, attraverso analisi territoriali continue, la mole degli immobili dei due gruppi”.
“Per quanto riguarda gli immobili terziari – ha proseguito Breglia – si tratta in genere di manufatti anni sessanta e settanta, cielo terra, di una superficie media di cinquemila mq, e fino a ventimila, spesso vuoti e inadatti a qualsiasi funzione terziaria moderna. Nelle città metropolitane ne sono stati censiti circa 8.500, di cui circa 1300 sono vuoti e inutilizzabili e possono essere recuperati ad altre funzioni. Numeri sicuramente inferiori sono quelli rilevati per gli immobili ex produttivi, in genere già recuperati nel decennio scorso, anche se ne rimane enorme lo stock nei centri minori e soprattutto nell’area padana e veneta, dove occupano oltre 50 milioni di mq”.
“Spostando l’attenzione sul settore residenziale, invece, le nostre stime ci portano a indicare circa 73mila immobili nei capoluoghi e nelle aree metropolitane potenzialmente interessati della ‘rigenerazione’. Si tratta di circa 48.500 edifici, da riqualificare totalmente o in parte, in 97 città capoluogo e circa 24.500 nei quattordici capoluoghi delle città metropolitane”.
Questi dati rivestono un’importanza particolare se inquadrati all’interno dello sviluppo urbano italiano del ventunesimo secolo che è stato sostenuto da una forte crescita del numero di abitanti delle città, pari al più 9,5 per cento nei comuni sopra i ventimila abitanti, delle infrastrutture di collegamento, come l’Alta velocità e delle nuove costruzioni. Nelle dieci principali città gli edifici residenziali di nuova realizzazione negli ultimi vent’anni sono stati circa 18.500 con un incremento dello stock di case di circa il sette per cento.
“Le dinamiche di sviluppo dei quartieri stante anche il buon andamento del mercato immobiliare, sono state veloci e ovunque c’è stata una sorta di ‘allargamento dei centri storici’ ad aree limitrofe. In generale si è attenuata l’edificazione nelle aree verdi o agricole esterne, mentre sono partiti, e in parte conclusi, importanti interventi di recupero di aree industriali o assimilabili, come quelle ferroviarie. La crisi pandemica sta fortemente rallentando gli spostamenti e determinerà cambiamenti anche nelle scelte degli investitori, privati o professionali, oltre che nelle preferenze della domanda”.
Focalizzando l’attenzione sugli immobili che potrebbero essere interessati dal processo di rigenerazione, ne emerge che si tratta di edifici formati da una media variabile di alloggi: ad esempio 15 a Milano e 9 a Roma, anche 4 nei capoluoghi minori. “Oltre la metà di questi edifici – ha aggiunto Breglia – si trova all’interno di contesti urbani, come i quartieri, dove è necessario e importante avviare progetti di rigenerazione. Non si tratta solo di realizzare un processo edilizio, seppur necessario, ma un percorso di ripresa delle attività economiche, sociali, anche legali.
“Per rendere efficace il processo di rigenerazione urbana – ha concluso Breglia – le azioni da intraprendere sono diverse, a seconda del tipo di edificio e, considerando che ce ne sono parecchi sparsi sul territorio, occorre realizzare un’analisi precisa di riuso o di abbattimento a livello locale. Nel caso dei quartieri serve un’azione congiunta tra pubblico e privato, coinvolgendo i residenti. Nei Paesi democratici sono poche le iniziative di questo tipo, ma è fondamentale, in una realtà come l’Italia, avviare questo processo di ‘ricucitura urbana’”.