Si è svolto in Assoedilizia a Milano il terzo di quattro Seminari del ciclo Osservatorio Metropolitano dal titolo “Logiche immobiliari. Come operano e come guidarle”. E’ stato organizzato dal Collegio degli Ingegneri e Architetti di Milano, in collaborazione con ARCHxMI, l’Associazione Interessi Metropolitani e con il supporto e patrocinio di Assoedilizia e di Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori di Milano e provincia.
Dopo l’apertura dei lavori di Verga che ha spiegato i motivi del seminario “gli operatori immobiliari influiscono certamente sullo sviluppo, la qualità della vita, la bellezza di una città”, l’intervento di Colombo Clerici:
“Logiche immobiliari. Come operano e come guidarle.”
Argomento vastissimo e generale, affrontato in un recente dibattito tenutosi in Assoedilizia. C’ e’ dentro tutta la nostra cultura, il costume, la storia e la tradizione, la sociologia, l’economia, la politica.
Significa parlare di mercato o di mercati immobiliari.
A Cernobbio, al Forum Ambrosetti nel 2016, in un intervento-stampa, ho avanzato un giudizio provocatorio e ironico: il mercato immobiliare e’ finito.
Tutti gli indicatori davano segnali in questo senso. Dimezzamento del numero delle transazioni immobiliari rispetto ai dati pre crisi – drastica riduzione del volume di affari – dilatazione dei tempi delle trattative.
Ancor oggi siamo in presenza di un leggero aumento del numero delle compravendite, ma assistiamo ad una, sia pur lieve, riduzione dei valori. Cioe’ aumenta la domanda, ma calano i prezzi. Se i prezzi aumentano, anche di poco, la domanda non segue l’offerta.
Come si fa a parlare di mercato immobiliare in queste condizioni ?
La globalizzazione ha portato alla omologazione dei mercati nei campi produttivi e finanziari; in campo immobiliare ha condotto, se possiamo dire, alla segmentazione del mercato in differenti mercati, o meglio circuiti commerciali. Correlati, ciascuno, di regimi fiscali differenziati e di operatori distinti. Il cosiddetto relativismo fiscale tanto vituperato.
Condizione essenziale perche’ si possa parlare di mercato immobiliare e’ che sussista un equilibrio tra domanda potenziale ed offerta potenziale.
Oggigiorno siamo in presenza di una offerta reale che e’ contenuta, perche’ molti proprietari che vorrebbero vendere sono trattenuti dal farlo a cause di condizioni economiche inaccettabili.
Se vendessero, svenderebbero. Fino a quando potranno resistere ?
Il problema e’ che c’e’ stata una rarefazione della domanda, causata da condizioni fiscali, gestionali, amministrative, manutentive eccessivamente onerose, per tutto il settore immobiliare ed anche da una sfiducia diffusa sulla “tenuta” del valore immobiliare nel tempo, conseguenza della perdurante crisi economica e della assenza di una assennata politica della casa.
Ma poi quanti immobili delle vecchia generazione sono effettivamente vendibili con tutte le norme e i cavilli insorti in questi anni ?
In conclusione: ‘sic stantibus rebus’ assisteremo ad una progressiva tendenza alla formazione di piu’ circuiti commerciali, con sensibili dislivelli. di valore, a seconda delle aree geografiche, ma anche delle aree economiche e sociali e ad una progressiva selettivita’ della domanda.
Le differenziazioni potranno concernere : la localizzazioni dei beni a seconda che si tratti di citta’ piu’ o meno dinamiche dal punto di vista socio-economico.
Resto del Paese.
Distinzioni anche sulla base della tipologia fra immobili che potremmo definire “griffati” ( per prestigio e funzionalita’ ) e immobili ordinari, in mano al risparmio familiare diffuso.
Inoltre: dato il diverso impatto che l’ordinamento italiano ha nei confronti dell’investitore straniero rispetto a quello italiano, si potra’ verificare una accentuazione della tendenza alla esteroproprieta’ degli immobili italiani di una certa qualita’.
Per Abruzzese “si registra un record di investitori stranieri nell’immobiliare a Milano e in Lombardia attratti dall’alta qualità della vita ma anche da normative regionali che, se pure non rivoluzionarie, costituiscono un forte incentivo agli investimenti: per citare, la spinta a rigenerare l’esistente per il blocco al consumo di nuovo suolo, l’abolizione della “zonizzazione” residenziale, produttiva, commerciale, la riduzione degli oneri di urbanizzazione. Purtroppo gli stranieri restano sconcertati dalle grandi differenze normative tra regioni e comuni diversi”. Iannoni Sebastianini si è soffermato sul ruolo delle assicurazioni e prevede l’arrivo di nuovi soggetti-investitori destinati a rimpiazzare, in un certo senso, i benefici finora portati dal quantitative easing, con un occhio sulla logistica (piccoli e medi centri commerciali soprattutto in provincia) mentre perde appeal il residenziale.
Albanese ha quantificato in 130 miliardi gli investimenti nell’immobiliare lo scorso anno, 90 dei quali proprio nel residenziale: Milano è capofila in Italia con 11 miliardi di investimenti, parte dei quali però del tipo “compra e vendi”. “Si tratta – ha detto – di far restare questi capitali in loco anche incentivando nicchie di investimento sempre più promettenti quali campus studenteschi, residenze per anziani, locazioni brevi. Grava su tutto una certa difficoltà di assorbimento della nuova produzione condizionata dalle zone nelle quali viene realizzata: ad esempio, se entro la cerchia filoviaria della linea 90-91 si vende anche prima del completamento, oltre, il mercato è più difficile. Un mercato che dovrebbe rivolgersi – considerato che il settore lusso interessa non più del 5% degli acquirenti – alla fascia media con possibilità di spesa attorno ai 4.000 euro al mq.”
Numerosi e interessanti gli interventi al dibattito che ne è seguito: secondo Radice Fossati il tema proposto da Colombo Clerici andrebbe ulteriormente sviluppato; Alberico Belgiojoso ha sostenuto che City Life resta un corpo estraneo nel tessuto urbanistico della città anche se ha avuto il merito di sviluppare attorno a sé iniziative immobiliari più aderenti al territorio; Lorenzo Greppi vede due rischi: il venir meno della cultura urbana del risparmio e la possibile uscita degli investitori italiani a causa dell’arrivo di quelli stranieri. Verga ha denunciato l’impreparazione del nostro sistema creditizio a sostenere grandi investimenti, creando per contro la pericolosa falla dei crediti inesigibili, e l’assurdità di normative che risalgono ad oltre un secolo cui fa riferimento il Regolamento Edilizio. Ha concluso Colombo Clerici manifestando perplessità sull’eccessiva presenza di capitali stranieri nell’immobiliare: “Una volta c’erano i capitani d’industria che investivano sul territorio e ad esso erano ancorati. Oggi ci sono capitani di ventura.”